Progetto di ricerca promosso dall'Archivio del Moderno-USI, dalla Bibliotheca Hertziana-Max-Planck-Institut für Kunstgeschichte, e dal Dipartimento di Studi umanistici-Università di Roma 3 (responsabili: Letizia Tedeschi, Tristan Weddigen e Silvia Ginzburg) intende proseguire, in un più ampio contesto, gli studi avviati dall’Archivio del Moderno in occasione dei progetti di FNS Fondo Nazionale Svizzero per la Ricerca Scientifica: L’impresa Fontana tra XVI e XVII secolo: modalità operative, tecniche e ruolo delle maestranze e Le «invenzioni di tante opere». Domenico Fontana (1543-1607) e i suoi cantieri.
Direttore di ricerca
Letizia Tedeschi, Archivio del Moderno, Università della Svizzera italiana
Co-direttori
Silvia Ginzburg, Dipartimento di Studi umanistici-Università di Roma 3
Tristan Weddigen, Bibliotheca Hertziana-Max-Planck-Institut für Kunstgeschichte, Roma
Ricercatore
Giulia Spoltore
Partners del progetto
Académie de France-Villa Médicis, Rome
Bibliotheca Hertziana-Max-Planck-Institut für Kunstgeschichte, Roma
Château de Fontainebleau
Dipartimento di Studi umanistici-Università di Roma 3
Musei Vaticani, Città del Vaticano
Comitato scientifico
Oriane Beaufils, Anaïs Dorey, Barbara Jatta, Silvia Ginzburg, Serena Quagliaroli, Vittoria Romani, Giulia Spoltore, Letizia Tedeschi, Tristan Weddigen, Vitale Zanchettin.
Roma
Nello sviluppo storico del cantiere cinquecentesco architettura e decorazione costituiscono un imprescindibile binomio, due aspetti complementari non soltanto dal punto di vista materiale. A Roma nel corso del XVI secolo tale interazione diventa dominante e assume caratteri nuovi nell’intreccio tra sistemi di progettazione, modalità esecutive, scelte stilistiche e tecniche.
Sono in special modo le imprese di committenza papale, e in genere quelle di carattere sacro, che vedono sperimentare una crescente integrazione dei diversi artefici, secondo modalità e con esiti che si distinguono dalla precedente tradizione quattrocentesca. La compartecipazione di architetti, pittori, scultori, stuccatori, bronzisti, ebanisti, doratori, prevista fin dalle prime fasi concettuali, giunge fino agli interventi conclusivi delle imprese architettoniche e decorative, nelle quali nuovo peso assumono le ricerche sui materiali e sulle tecniche.
Questa pluralità di competenze, che vede il farsi strada nell’urbe di una coesistenza di tradizioni tecniche e stilistiche di diversa provenienza geografica e di una nuova organizzazione del lavoro dalla sua prima concezione alle fasi ultime, rende il cantiere lo scenario principe nel quale misurare prima l’emergere, poi l’affermarsi, infine il declinare dei nuovi linguaggi lungo il XVI secolo.
L’indagine verterà su alcuni dei cantieri più significativi della Roma cinquecentesca, seguendone lo sviluppo diacronico, dall’esperienza di Raffaello e della sua bottega, fondativa di una nuova funzione affidata al disegno nella dinamica del lavoro collettivo e di un inedito rapporto tra maestro e allievi, alla nuova formulazione dell’idea e della pratica di cantiere nata dal dialogo tra Antonio da Sangallo il Giovane e Perino del Vaga sull’onda della risposta ai modelli di Raffaello e di Michelangelo. Ripercorrendo l’eredità di quest’ultimo nelle diverse interpretazioni formulate nella seconda metà del secolo, si giungerà infine al caso dei cantieri di Sisto V, sotto certi rispetti riassuntivo, sotto altri connotato da significative differenze di intenti e modalità. Nelle opere di Domenico Fontana e nelle imprese decorative ad esse correlate giunge al massimo grado quel rapporto, già acutamente descritto da Vasari a proposito della Sala dei Cento Giorni, tra accelerazione dei tempi di lavoro, diverso ruolo delle maestranze e mutata considerazione della tenuta sul piano qualitativo. Questo snodo mostra di avere avuto significativi riscontri nelle scelte di gusto della committenza e sarà da considerare da un lato in rapporto alla diffusione di una cultura architettonica e decorativa post-conciliare, dall’altro quale apertura per il secolo successivo.
Attraverso casi di studio particolarmente eloquenti la ricerca mira a una rilettura delle imprese in esame nella loro cornice storiografica e a una nuova raccolta ed elaborazione di dati su materiali, tecniche, linguaggi impiegati, con l’intento di avviare un’inedita riflessione sulla interazione tra questi aspetti. Oggetto della ricognizione è dunque lo studio delle dinamiche di funzionamento dei cantieri nei loro esiti tecnici e formali, al fine di riflettere sul processo con cui si affermarono modelli destinati a una diffusione europea. Letto in questa chiave, il tema propone un punto di vista specifico dal quale riconsiderare fenomeni noti e cruciali della cultura artistica e architettonica dell’età moderna.
Fontainebleau
Il tema porta in primo piano il nodo dei rapporti tra Italia e Francia nel XVI secolo, che nella tradizione storiografica del Novecento è stato uno dei punti di avvio della riscoperta del Manierismo. A settant’anni dalla mostra Fontainebleau e la maniera italiana, organizzata a Napoli nel 1952, che per l’Italia segnò una delle prime tappe della piena riabilitazione di questa stagione negletta della storia dell’arte europea, si può tornare a fare il punto sul rapporto tra i due contesti, italiano e francese, tenendo conto del movimento nei due sensi, e dunque dei contatti, degli scambi, delle contaminazioni di tecniche, linguaggi, artisti e maestranze, nell’ottica del funzionamento del cantiere.
Studiare esempi di decorazione cinquecentesca in questa prospettiva significa affrontare temi generali – quali la ricostruzione delle dinamiche di funzionamento delle botteghe e della genesi delle decorazioni, dai disegni preparatori alle ultime fasi della realizzazione, o il problema dell’autografia e del rapporto tra maestro e collaboratori – in contesti specifici dal punto di vista della materialità e del rapporto tra tecniche e linguaggi stilistici. Porre l’accento sulla dimensione materiale permette di arricchire le conoscenze intorno all’organizzazione del lavoro individuando anche l’azione di fattori contingenti e pratici dipendenti dalle caratteristiche intrinseche delle tecniche e dei materiali adoperati, talvolta utilizzati come dispositivi per la comunicazione con l’osservatore, studiati con l’obiettivo di collocare tutto questo in una determinata relazione con l’opera. Il cantiere di Fontainebleau, scopertamente giocato sulla messa in discussione del tradizionale rapporto tra cornice e scena narrativa, sollecita a interrogare l’apparato decorativo anche in queste componenti funzionali al coinvolgimento dello spettatore.
L’approccio scelto invita a ripensare episodi celebri della storia dell’arte al di fuori delle gerarchie consolidate, portando il focus dell’indagine su aspetti poco considerati dagli studi, a dispetto della loro evidente e riconosciuta importanza.
Lo straordinario apporto innovativo dato dallo stucco al sistema decorativo cinquecentesco, che raggiunge a Fontainebleau vertici insuperati, viene restituito alla sua funzione centrale se analizzato nell’economia del cantiere, nel duplice rapporto con lo spazio architettonico e con la decorazione pittorica, esito sommo del dialogo tra tradizioni tecniche e formali distinte.
È un punto di vista, questo del cantiere e della compresenza di differenti competenze e provenienze, che apre nuove possibilità di lettura anche allo studio degli affreschi. La decorazione del castello di Fontainebleau è infatti il frutto degli interventi in momenti diversi di artisti italiani di generazioni e tradizioni geografiche e stilistiche diverse. Rosso Fiorentino, Primaticcio, Niccolò dell’Abate e i loro aiuti portano con sé un bagaglio tecnico e stilistico che ha radici a Firenze, a Roma, a Mantova, a Genova, e creano a Fontainebleau soluzioni nuove che a loro volta si diffonderanno in Francia e, di rimbalzo, nella stessa Italia.
È questa multiforme dinamica che si può riconsiderare ora, nelle sue ragioni e nei suoi esiti, muovendo da una maggiore consapevolezza della storia degli studi e del peso che hanno avuto le tradizioni storiografiche nazionali sulla ricostruzione di questo episodio centrale della cultura materiale, tecnica, stilistica del Cinquecento in Europa, che oggi possiamo rileggere con esiti che si promettono innovativi.
Si è svolto nel 2019 con il partenariato dei Musei Vaticani il primo seminario Il cantiere nel Cinquecento: architettura e decorazione. I. Roma, (a cura di S. Ginzburg, L. Tedeschi, V. Zanchettin) presso i Musei Vaticani, la Bibliotheca Hertziana e l’Istituto Svizzero di Roma (25-27 novembre 2019). Il secondo seminario affronterà il caso di Fontainebleau in due sessioni; una svoltasi a Roma il 30 novembre, 1 e 2 dicembre 2023, con il patnerariato della Académie de France-Villa Médicis, e l’altra si terrà a Fontainebleau nel mese di giugno del 2024, con la collaborazione dello Château de Fontainebleau. Il primo volume, a cura di S. Ginzburg, L. Tedeschi e V. Zanchettin, che raccoglie gli esiti della ricerca sui cantieri romani è in corso di pubblicazione e sarà nelle librerie nell’autunno 2023.
Esiti
Pubblicazione del volume_ S. Ginzburg, L. Tedeschi e V. Zanchettin (a cura di), Il cantiere nel Cinquecento: architettura e decorazione, I. Roma, Officina Libraria, Roma 2023 (in sorso di pubblicazione).
Organizzazione dei seminari
_ Il cantiere nel Cinquecento: architettura e decorazione. I. Roma, a cura di a cura di S. Ginzburg, L. Tedeschi, V. Zanchettin (con il partenariato dei Musei Vaticani), Roma, Musei Vaticani, Bibliotheca Hertziana e Istituto Svizzero di Roma, 25-27 novembre 2019.
_ Il cantiere nel Cinquecento: architettura e decorazione - II. Fontainebleau, prima sessione, (con il patnerariato della Académie de France-Villa Médicis), Roma, Académie de France-Villa Medici e Bibliotheca Hertziana, 30 novembre-1 dicembre 2023.